Conosco Leonardo Iuffrida da molti anni, da quando lui si occupava di moda declinata al maschile e inevitabilmente ci incontravamo spesso a Milano fra sfilate e presentazioni.
Poi ho avuto il piacere di ospitarlo quando ha scritto un libro frutto del suo interesse non solo per lo stile, ma anche per la fotografia, durante una mia lezione allo IED di Milano, dove riuscì piuttosto bene ad affascinare gli studenti raccontando di come il corpo maschile sia stato letto e usato dalla moda e appunto dalla fotografia.
Da pochi mesi Leonardo ha aperto una galleria a Bologna dove traduce questi suoi interessi in uno spazio espositivo che a mio avviso è molto interessante, non solo per la capacità di presentare il lavoro di fotografi emergenti o meno, ma anche per una voglia di recupero e archiviazione, attività entrambe importantissime nel mondo dell’estetica e della creatività.
Per questo mi fa piacere chiacchierare nuovamente con Leonardo e farmi raccontare questo suo nuovo progetto.
Ti avevo lasciato come autore di un libro, che vorrei tu ci ricordassi, e ora ti ritrovo con un nuovo progetto a Bologna.
Ci racconti di cosa si tratta?
Per molti anni ho lavorato come blogger e saggista, scrivendo di arte, moda e fotografia. Il mio ultimo libro, Il nudo maschile nella fotografia e nella moda, edito da Odoya, è un saggio che ripercorre la storia della fotografia di nudo maschile attraverso la lente dei men’s studies — gli studi di genere dedicati alla mascolinità.
Nel testo esploro come gli uomini abbiano progressivamente preso coscienza del proprio corpo dall’Ottocento ad oggi, e come questo cambiamento si rifletta nelle immagini fotografiche.
Ad esempio, se nell’Ottocento l’uomo affermava status, potere e la propria identità maschile tramite abiti e atteggiamenti aggressivi, oggi lo fa anche esibendo i muscoli ed erotizzando se stesso. Un mutamento profondo, avvenuto in modo graduale.
La galleria Leòn è nata il 6 dicembre 2024 in via Galliera 42/A, nel cuore di Bologna.
È uno spazio fisico che prosegue la mia passione per l’immagine e le mie riflessioni sul corpo, con un’attenzione particolare alla fotografia e alla realtà queer.
Ritengo che, nella nostra epoca dominata da selfie, social media e l’ostentazione del sé, siamo costantemente chiamati a confrontarci con la nostra immagine corporea — divenuta uno strumento cruciale nella costruzione della nostra identità.
Per questo ritengo sia un ambito che meriti di essere ulteriormente approfondito ed esplorato.
La galleria è suddivisa in tre sezioni: una sezione ospita pubblicazioni antiquarie e contemporanee che ruotano attorno al tema del corpo. La seconda sezione è dedicata alle fotografie vintage ed è suddivisa in due sottocategorie. Da una parte ci sono le fotografie vernacolari (realizzate da autori anonimi) collezionate negli anni tra Europa e Stati Uniti. Sono scene di vita quotidiana, ritratti, piccoli tesori dimenticati a cui restituire una nuova memoria, ma anche un’inesauribile fonte di ispirazione per gli appassionati del vintage e della moda.
In questa medesima sezione è presente la seconda sottocategoria costituita da un ricco archivio di scatti d’epoca eseguiti da autori americani, come Bob Mizer e Bruce of Los Angeles, che tra gli anni quaranta e sessanta del Novecento si sono dedicati al nudo maschile. Sono rari capolavori tramite i quali poter comprendere il modo in cui il corpo maschile è stato esposto per le prime volte, in tempi in cui non solo l’omosessualità ma anche la fotografia di nudo maschile era illegale.
La terza sezione è destinata alle mostre temporanee. Attualmente è in corso un’esposizione dedicata a Ettore Moni, fotografo di Parma.
Per molto tempo ti sei occupato di moda maschile, ora che il tuo ruolo è cambiato come vedi lo stile al maschile dei nostri anni?
La moda è profondamente cambiata negli anni.
Se dovessi utilizzare un solo termine, direi che la situazione oggi è stagnante.
Il mondo digitale ha diluito i finanziamenti che prima erano indirizzati esclusivamente all’editoria e che hanno permesso di creare scatti che rimarranno per sempre nella storia. È anche grazie a quell’immaginario che veniva nutrito il sogno della moda.
Oggi le Kardashian o il rapper di turno riescono a sostituire quel sogno? Ho i miei dubbi.
Inoltre, con l’ingresso della finanza nei brand del lusso, la creatività si è appannata, ma credo che sia anche il frutto di tempi di crisi sociali molto profonde, legate a questioni geopolitiche che creano instabilità, insicurezza e mancanza di proiezione nel futuro.
Poi il velo di Maya che crea il senso del lusso si sta lacerando. È sempre più urgente la volontà di trasparenza nei processi produttivi sia in rapporto alla qualità-prezzo, sia per quanto riguarda la sostenibilità dei capi.
È un periodo di grosse sfide per il mondo della moda. Il giro di poltrone di designer che passano da un brand all’altro così come le tiepide voci dei giovani designer emergenti non sono sufficienti a fare la differenza.
La moda è uno specchio della società e la società, così come la creatività, è in profonda crisi.
Trovo che quando si parla di stile al maschile si sente una forte connessione con la fisicità, ma spesso è una forma idealizzata che non tiene conto della realtà, ad esempio il mondo curvy nella moda uomo quasi non esiste.
Cosa ne pensi?
Negli ultimi tre secoli, l’ideale maschile è conciso con la statuaria classica greca, passando da puro ideale a vera e propria ossessione che oggi si attua nella pratica tramite palestra, chirurgia estetica e cosmetica.
Questo avviene perchè oggi status e potere si dimostrano anche attraverso un corpo aitante, muscoloso e performativo.
Il corpo muscoloso è diventato un sostituto simbolico del fallo: un atto compensatorio con cui gli uomini cercano di riaffermare il proprio potere in un mondo che ha messo in discussione la tradizionale espressione della mascolinità, legata per secoli ad comportamento violento e aggressivo.
A questo si aggiunge che, in una società pervasa da un costante senso di incertezza e incapace di influenzare la realtà che la circonda, l’ossessione contemporanea per la corporeità finisce per offrire una parvenza illusoria di controllo su qualcosa. L’orientamento conservatore della politica nella maggior parte dei paesi occidentali, e non solo, è l’ennesima dimostrazione che si sta cercando di difendere il sistema patriarcale e un ordine messo in crisi da cambiamenti epocali come ad esempio l’emancipazione femminile.
In quest’ottica, i corpi maschili curvy sarebbero deboli, vulnerabili perché associati ad un’incapacità di performatività che il sistema patriarcale promuove e, quindi, vengono meno promossi.
Inoltre, l’idea di vendere il sogno spinge i brand a creare degli ideali riconoscibili e consolidati, piuttosto che ad avvicinarsi alla realtà.
Oltretutto, la magrezza diventa sinonimo di auto controllo, concetto che si sposa alla perfezione con una società che è affamata di senso di controllo, ed è spesso associata all’androginia, concetto che vende di più perché facilmente correlabile ad un sistema valoriale progressista che i brand utilizzano come bandiera.
E non contiamo il fatto che la magrezza trova un riscontro funzionale in passerella perché permette agli abiti di “cadere” meglio. Di certo, condivido il fatto che sarebbe tempo di essere inclusivi, non perché bisogna necessariamente includere tutti nell’ombrello/trappola della bellezza, ma perché la moda deve essere un sogno per tutti.
Mi racconti i tuoi progetti e i tuoi sogni nel cassetto, legati alla galleria ma non solo?
In questo momento, il mio desiderio più concreto è riuscire a rendere la galleria sostenibile dal punto di vista economico.
Mi permetterebbe non solo di continuare a promuovere nuovi talenti nel mondo dell’arte, ma anche di dare seguito alle riflessioni che porto avanti sulla contemporaneità e sull’immagine del corpo.

