È sempre una grande piacere per me poter raccontare i progetti e i successi di qualcuno che in passato è stato un mio studente. Non che io abbia dei limiti per i successi altrui, sia chiaro, però mi riempie sicuramente l’orgoglio il fatto di aver assistito ai primi passi di qualcuno che sta compiendo un percorso interessante di crescita. Questo è il caso di Flora Rabitti, classe 1992, originaria di Mantova, che dopo i suoi studi in fashion design allo Ied di Milano, lavori con aziende affermate come Miu Miu, Alberta Ferretti, Vitelli e ulteriori approfondimenti accademici a Londra e a Parigi, è ora direttrice creativa e fondatrice di Floriana, marchio di pret-a-porter che affonda le proprie radici sono una filosofia fatta di innovazione, tecnologia, etica, perché di fatto il brand lavora con l’upcycling degli scarti dell’Industria della moda. Florania ha ricevuto riconoscimenti, è stato selezionato per il “Sustainable Style” dal Kering Material Innovation Lab, e presenziato anche a Pitti. Molte le collaborazioni importanti e internazionali, ma il preciso desiderio di portare avanti le tradizioni tessili e artigianali del made in Italy inserendole nell’economia circolare. Il brand Florania è pronto a lasciare il segno nella creatività di moda attuale e per questo abbiamo raggiunto Flora per le nostre consuete “Quattro domande a”.

Mi racconti il tuo progetto? Che tipo di pubblico ha? Qual è la community di Florania?
Florania è nato dall’osservazione della eccessiva quantità di capi presenti nei nostri armadi e archivi.
Ho visto in questo l’opportunità di creare una nuova proposta di design e rappresentare una community.
Il pubblico di Florania è abbastanza vario a livello di età, sono persone interessate alla distintività ed unicità del design ed in secondo luogo al processo produttivo ‘pulito’: è un valore aggiunto.
Infatti, oltre che ad utilizzare fibre innovative e tessuti upcycled, la nostra produzione avviene esclusivamente in italia, per la maggior parte produciamo a Drittofilo Mantova, una onlus in cui volontarie modelliste e sarte insegnano a cucire a donne vittime di violenza.

Ti ricordo come una studentessa brillante ora ti ritrovo designer con la sua collezione mi dici che cosa è cambiato in questi anni e cosa hai imparato?
Ho avuto una grande scuola di lavoro, lavorando per grandi brand nel settore del lusso.
Ho scoperto però di recente, facendo il mio progetto, dell’impatto che le mie scelte possono avere, su una community e sul Made in Italy.
E continuerò a cercare questo impatto positivo. In italia abbiamo il privilegio di avere un punto di eccellenza nel mondo e dobbiamo evolvere nel futuro, tra designer emergenti e scelte circolari.

Secondo te, visto il momento storico particolarmente difficile, alla gente interessa ancora la moda?
E sempre da questo punto di vista cos’è il il lusso per te oggi?
Secondo me, la moda è il primo strumento di riflesso sociale e di proiezione verso un cambiamento.
È la nostra modalità di rappresentazione di noi stessi ed è imprescindibile compiere delle scelte estetiche.
Il lusso per me oggi è avere tempo. E la salute. Per questo ci vogliono più progetti artigianali, lenti, umani.

Negli ultimi anni è cambiato molto il modo di comunicare la moda, però l’utilizzo del web ultimamente mi sembra molto ripetitivo e un po’ statico e installo. Secondo te la moda come verrà comunicata da qui in avanti?
È ancora importante la promozione che avviene attraverso i social? È ancora importante ad esempio una sfilata?

La coerenza del brand è la prima forma di comunicazione e si deve riflettere nell’immagine online.
Il web è, per noi emergenti, la prima forma democratica di affermazione nel mercato.
Gli advertising di Instagram sono oggi il primo investimento dei brand nella comunicazione e penso che cresceranno ancora.
Le sfilate sono una spesa troppo grande per i brand emergenti e penso che le presentazioni, tra installazioni artistiche o musicali, siano un’ottima piattaforma per includere più pubblico e per sperimentare qualcosa di nuovo, soprattutto per noi emergenti.

Florania