VOI >>> Torni ad essere presente online in modo strutturato, come ci eravamo abituati con webelieveinstyle: è importante parlare di stile oggi?
IO >>> La moda è fortemente connessa ai cambiamenti della società e in questo momento mi sembra importantissimo raccontare tutte quelle istanze che si sono affacciate negli ultimi anni, ad esempio la creatività legata al mondo eco-sostenibile o alle esigenze di superamento delle definizioni di genere, che è molto di più di una semplice tendenza “genderless”. Poi penso che in momenti storici come il nostro sia dovere di chi lavora in una realtà fatta di creatività dare esempi di positività e cercare il bello, per costruire un futuro migliore
VOI >>> In questo periodo hai lavorato “dietro le quinte” occupandoti di styling per molte riviste on/offline: come è cambiato questo lavoro da quando hai iniziato ad oggi?
IO >>> È diventato tutto molto veloce e molto frammentato. Non ci sono quasi più ruoli definiti, bisogna essere multitasking. Un redattore deve essere presente anche online, raccontare il suo lavoro attraverso vari canali, spesso adattandosi al web che macina tutto in tempi ristretti. C’è meno tempo per approfondire e per far sedimentare idee, progetti, così come i talenti che vengono troppo spesso sacrificati all’altare di ciò che è più hype e cool. In un panorama così bisogna mantenersi il più fedele possibile a se stessi, cercare di essere una figura unica, ma identificabile, e con dei contenuti, oserei dire dei valori.
VOI >>> Considerando tutti i dubbi e le perplessità che ruotano attorno alla figura dell’influencer, c’è secondo te un effettivo apporto valoriale o siamo davanti all’ennesimo modo di sfruttare le debolezze di un ambiente complesso come quello delle relazioni online e della connessione?
IO >>> Quella dell’influencer è una figura che molti hanno idolatrato tanto quanto altri l’hanno demonizzata, Io penso che sia un lavoro legato molto allo spirito dei tempi e che come tale vada comunque rispettato. Poi se devo dire chi veramente è in grado di influenzare gli acquisti penso che andiamo al di là delle figure che comunemente chiamiamo come influencer. Di questi sono davvero pochi quelli che hanno la forza di smuovere le cose. Mancano delle voci autoriali e delle personalità forti con una visione. Ho l’impressione che il fenomeno in generale, tolte appunto alcune eccezioni, sia fortemente connesso alla superficialità dei nostri anni.
VOI >>> Parlaci di questa nuova edizione di SG.vision: cosa ci troveremo?
IO >>> Fedele al nome, troverete il mio punto di vista sullo stile, la moda, la creatività declinato nei vari mezzi che utilizzo. Ci sarà spazio per idee e contenuti scritti, gli Style Notes, che chi mi segue ricorda già nel mio precedente sito, ma anche un recap dei miei lavori di styling, una sorta di portfolio online. Stiamo inoltre studiando un modo diverso di raccontare momenti importanti legati alla fashion culture, delle pillole di approfondimento, che metteremo sui social e sul sito, si chiameranno “Issues”.
VOI >>> Hai una lunga carriera come docente, se dovessi consigliare ad uno studente 5 argomenti imprescindibili per approfondire il mondo dello stile, quali sarebbero?
IO >>> Una fashion culture che si possa definire tale è qualcosa di molto complesso e di strutturato. La creatività in generale, quella di moda in particolare, è nutrita costantemente da input che vengono dai più svariati mondi. Cinque argomenti imprescindibili legati allo stile sono veramente pochi, ma se devo proprio consigliare degli argomenti partirei con la Swinging London con tutte le connessioni di stile che ha avuto, dalla minigonna a Biba. Poi il lavoro in toto del signor Cristobal Balenciaga, da cui tutti attingono ancora oggi. Consiglierei uno studio accurato degli anni Ottanta e del lavoro di Ray Petri che con il suo Buffalo Style è una continua fonte di ispirazione. Infine farei studiare bene il lavoro di tre signori: Karl Lagerfeld, Gianni Versace e Azzedine Alaïa.