È una delle eccellenze italiane che ci rappresentano nel mondo e, a guardare la lista delle sue vittorie e candidature ai più importanti premi internazionali, c’è da rimanere a bocca aperta.
Massimo Cantini Parrini è un costumista e i suoi lavori per il cinema hanno un minimo comune denominatore che è la profonda cultura del vestire, passato e presente.
Da “Il racconto dei racconti” a “Cyrano”, fino al recente “Ferrari”, il lavoro di Massimo colpisce per competenza, creatività, capacità di sorprenderci.
Fiorentino, una nonna sarta, studi al Polimoda e poi una laurea in Cultura e Stilismo della moda all’Università degli Studi di Firenze, gli studi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma dove è allievo di Piero Tosi e infine l’esordio a fianco del premio Oscar Gabriella Pescucci.
Ora Massimo Cantini Parrini è la punta di diamante di una vera e propria arte, che non smette mai di entusiasmarci.

Come si è avvicinato al mondo dello stile e degli abiti. E come è arrivato al suo lavoro?
La passione è nata da piccolo, da sempre e in modo spontaneo.
Ho respirato la magia della trasformazione della stoffa in abito grazie alla nonna materna Silvana, sarta di mestiere.
Ancora oggi ripenso alla fascinazione di quei tessuti arrotolati sugli scaffali nella stanza delle stoffe dove, già a quattro anni, assistevo al miracolo di vedere che da piatti prendevano forma e tridimensionalità grazie all’abilità delle sue mani che tagliavano, cucivano, assemblavano e davano vita ad un abito.
Nascosto sotto al manichino mi sembrava una magia e credevo che nonna avesse poteri speciali.
Più grandicello invece, passavo ore a frugare di nascosto negli armadi dei nonni, a osservare come il tempo e il corpo avessero modellato le vecchie fogge, alterato il colore delle stoffe e soprattutto a chiedermi perché quei vecchi abiti fossero stati conservati. Il sapore e l’odore antico di quei capi indossati, vissuti, è rimasto impresso nella mia memoria come qualcosa da ricercare continuamente, come un’ossessione. Ossessione che si è trasformata in studio.
Per questo le mie scuole e i miei studi si sono subito indirizzati verso la storia del costume e della moda, una vocazione che mi ha permesso di apprezzarne ancora di più il valore culturale e sociale.
Un valore che è possibile scoprire leggendo con puntualità tutto quello che i capi antichi possono raccontare.

Ha ricevuto molti premi e lavorato a pellicole importanti.
Quale il momento di questa carriera a cui è più legato e quale l’insegnamento più proficuo ricevuto?
Il momento che amo di più del mio lavoro è la documentazione, la fase di studio, amo tantissimo scoprire cose nuove, ma il segreto più grande è conoscere la storia del costume della quale da tutta la vita mi occupo.
Solo con la conoscenza del proprio lavoro si ha la possibilità di stravolgerlo senza perderne l’identità.
La cura del dettaglio è la mia ossessione più grande da sempre, ogni singola comparsa non va in scena senza che io abbia controllato tutto dalla testa ai piedi.
L’insegnamento: mai smettere di conoscere il passato, è la più grande forma d’ispirazione.
I premi invece sono una gratificazione meravigliosa che ripaga ogni fatica e ti fa capire che l’essenza del tuo lavoro è arrivata al pubblico o alla critica, ma non devono essere mai un punto di arrivo! Anzi! Devono essere un punto di partenza.

Lei è anche un collezionista di abiti, ricordo ad esempio in mostra a Forlì una bellissima giacca Schiaparelli dal suo archivio.
Posso chiederle se c’è un capo della sua collezione privata a cui è affezionato in particolare modo (e perché)?
E più in generale un designer del presente che pensa varrebbe la pena collezionare?

Sono molto affezionato al primo abito che comprai, ero piccolissimo, appena adolescente, era un abito da sposa anni ‘50!
Mi sembrava di aver scovato una meraviglia.
Con il passare del tempo lo guardo con tenerezza, non ha nessun valore ma è iniziato tutto da li.
Ad oggi ho in collezione più di 4500 pezzi dal 1640 agli anni ‘90 del novecento.
Adoro Viktor&Rolf, sono davvero stilisti iconici ed i loro magnifici abiti avranno nel tempo un grande valore.

Un progetto o un sogno che non ha ancora realizzato e che può condividere con noi?
Il progetto che ancora devo affrontare 🙂 Quello che ancora deve venire!
Ho scelto questo lavoro per sorprendere e sorprendermi sempre, per essere libero.
Dai sogni purtroppo, come tutti i sogni, ti svegli!
Meglio affrontare la realtà ogni giorno sperando che quello che hai sognato si avveri almeno per un 10 per cento.

Massimo Cantini Parrini