Intervistare Antonio Marras è stato uno dei miei primi progetti quando divenni capo-redattore moda di una rivista indipendente che si chiamava L@bel.
Ricordo che in quella prima occasione parlammo tantissimo di cinema, passione che ci accomuna.
Ho incontrato il designer altre volte e sempre con piacere, anche perché oltre a raccontare spesso le sue radici sarde nelle collezioni che propone, c’è in esse molta cultura e un immaginario poetico e poliedrico che mi ha sempre entusiasmato molto.
Anche questa volta il mio scambio con Antonio Marras è pieno di spunti di riflessione e spero piaccia anche a voi.
Ecco le mie 4 domande a Antonio Marras.
Benedetta Barzini, Simonetta Gianfelici, Marisa Berenson sono solo alcune delle icone Fashion che hanno sfilato per te. Se ipoteticamente tu potessi far sfilare chiunque anche delle figure del passato chi vorresti sulla tua passerella?
E in sintesi chi sono i tuoi fashion heroes e perché?
Anche una semplice lettura dei titoli delle mie collezioni rivela il mio mondo e le “mie donne”, in apparenza così lontane tra di loro, in realtà tutte forti, intelligenti, creative, indipendenti. Ogni collezione racconta una storia diversa, non esiste un tema ricorrente e neppure un preciso tipo di femminilità a cui io mi riferisca.
La realtà femminile è variegata, stratificata, molteplice, libera.
Penso molto alle ragioni delle donne, per molto tempo relegate, annullate fisicamente, psicologicamente e moralmente, deluse, discriminate, avvertite come deboli e diverse e, invece, così forti e uguali.
Spesso mi sono chiesto -e mi chiedo- che cosa significhi essere donna e tutte le donne le rivedo nella donna di oggi.
Nuova protagonista sociale, porta con sé una carica eversiva che la rende la vera forza dinamica, il vero motore della storia.
Mi piacciono le donne forti ed eversive come Pina Bausch, per esempio, come Tina Modotti alla quale ho dedicato una sfilata, Georgia O’Keefe Ci sono donne che mi attraggono come Silvana Mangano o Isabelle Huppert.
Certo, quando penso a una collezione sogno una donna libera che possa esprimere e realizzare sogni e desideri.
Così sono nate le collezioni dedicate a Maria Lai,“Fili Lai Lai”, Ligazzos Rubios, Annemarie Schwarzenbach, Badd’e Salighes, Il sogno di andar restando, L’amore quando ti colpisce…, Gonario e Luisedda, Amelie, Eleonora d’Arborea, Rina de Liguoro, “Casa di bambola”, Sorelle Altara, Ofelia, Charlotte Salomon, Camille Claudel, Blanquita Suarez, Paska Devaddis, Grazia Deledda.
Vorrei valorizzare la personalità e la fisicità di ogni donna e vedo l’abito quasi come un luogo da abitare, possedere, far proprio. Nell’abito e con l’abito la donna deve muoversi a proprio agio, sentirsi sicura, protetta.
Nella nostra primissima intervista parlammo di cinema.
Ormai di acqua ne è passata sotto i ponti, mi consigli cosa vedere adesso?
E quali sono le tue ossessioni visive al di là del cinema?
Il cinema rimane la prima ossessione anche se ora sono più selettivo e più esigente.
“Io capitano” è il film che mi ha maggiormente coinvolto: Matteo Garrone è riuscito a realizzare un film su un argomento scottante, doloroso e attuale come l’emigrazione africana, in maniera concreta , efficace e reale. Bravissimo.
A Teatro dell’Elfo da poco mi ha impressionato il lavoro di Elio De Capitani su “Moby Dick alla prova” di Orson Welles e ho rivisto da pochissimo ancora un lavoro di Pina Bausch “La sagra della primavera”, un ‘opera del 1975 ancora attualissima e mai eguagliata per potenza, originalità e modernità.
Ora mi appassiona la ceramica perché mi coinvolge mente e corpo.
Mi ci dedico completamente affondando le mani nella creta giocando sul serio come possono fare i bambini con il fango.
Molti personaggi provenienti dalla creatività si sono posti nei nostri anni contro l’uso dei social, invece mi sembra che tu ne faccia un uso molto entusiasta e arricchente. Sbaglio?
Le immagini mi hanno salvato.
Le righe di un libro, le parole ballano e per catturarle devo fare uno sforzo di concentrazione enorme per questo le immagini invece sono per me facili, immediate, evidenti e appariscenti e mi colpiscono e affascinano. I social sono un mezzo straordinario se saputo usare.
Io lo sfrutto per distrarmi o meglio per concentrarmi quando mi distraggo. Sono un famelico divoratore di immagini e instagram fa il caso mio.
Lo guardo e ne sono delle volte dipendente come dalla televisione più trash, più popolare e kitsch. Cattura e catalizza tutte le mie attenzioni.
Ho il problema che tutto mi annoia, che tutto è già visto e di sorprendente c’è pochissimo.
Io amo essere stupito, incantato, rapito e portato in altri mondi.
Solo due cose possono farlo: l’alto con l’arte e il basso con il kitsch. Il mediocre, la normalità, l’ordinario quello che c’è in mezzo non mi interessa.
Può la moda essere ancora fantasia e sogno?
Può essere ancora un rifugio e un mondo dove la creatività sperimenta?
Può, deve!
La moda è una grande opportunità per sperimentare e fare ricerca. La moda intesa come modus. Oggi la parola “moda”, usata e abusata, sembra perdere il suo significato originario o, forse, acquistarne uno nuovo.
Modus o, secondo alcuni, mos, voci latine da cui deriva, rimandano a una vasta area di significato: misura, modo, maniera, forma, regola, tempo, melodia, ritmo, tono, moderazione, discrezione, qualità…
Da modus deriva anche l’avverbio latino di tempo “modo” , “ora, or ora, adesso, tra un momento”, da cui “ moderno”.
Moda e modernità, quindi, hanno la stessa origine: moda indica, in genere, un atteggiamento, uno stile, una sensibilità che caratterizza la società in un dato momento storico e si riflette nei costumi, nella cultura, in ogni aspetto della vita quotidiana; “modernità” indica un tempo in qualche modo vicino e affine al presente: è moderno ciò che è attuale, ciò che corrisponde al gusto, alla mentalità, allo spirito dei tempi.
Nella moda tutto transita, svanisce, passa, si modifica; la moda non ama le similitudini, ma i ritorni, le identità, le riprese, il deja-vu.
La moda è uno strumento privilegiato per leggere la realtà, esplorare le inquietudini dell’Io contemporaneo e scoprire che dietro un’apparenza frivola e fatua si nasconde il senso intimo e profondo dell’essere e dell’esistere.
Per me la moda è un tessuto, un testo dove al posto delle parole si intrecciano fili che creano trame, storie, racconti, poesie e…infiniti sogni.
Ora tutti possono fare bene tutto, dalle catene low cost all’extra-lusso, ma la differenza sta nell‘anima, nella visione, nel messaggio, nella contemporaneità, nel raccontare il mondo di oggi, nell’interpretarlo o nell’inventarlo.
E per dire: ci sono anch’io e la penso così.